La generazione dei cavalieri solitari

Quando bastano sedici note da l’ouverture del Guglielmo Tell e un uomo mascherato in sella a un cavallo bianco per farti venire la pelle d’oca, forse è giunto il momento degli esami del sangue che ormai gli anni si accumulano.
O forse dipenderà solo da quelle giovani estati in soffitta, a combattere la noia con libri e fumetti western già vecchi allora.
Un brivido mi nostalgia mi percorre la schiena e mi inumidisce gli occhi ogni volta che penso a parole come Pecos, Yuma, Rio Grande, ranger o apache.
Nel selvaggio West, deserto e inospitale, che tira fuori il meglio e il peggio da ogni uomo, un uomo solo può fare la differenza e solo rimane, perchè è consapevole che solo rimanendo fedele al suo destino, fino alla fine, la sua icona potrà diventare leggenda e sopravvivergli.
Posti e tempi simili sembrano duri da vivere, tuttavia fornivano facili soluzioni a chi era in cerca di un senso da dare alla propria esistenza.
E allora in questi giorni, quando è tutto facile e tutto è estremamente complicato, è bello sperare di poter gridare ancora “Hi-Yo Silver!” e cavalcare fino all’orizzonte.

Ah, “The Lone Ranger” è un film divertente e ben confezionato.

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